216/304
img13.jpg img29Miniatureimg13aimg29Miniatureimg13aimg29Miniatureimg13aimg29Miniatureimg13aimg29Miniatureimg13a

Walchsee - Dicembre 1915

Giuliano Battisti, fratello di Cesare, scrive all'amico Luigi Onestinghel.

Luigi (Gino) Onestinghel

Nato a Trento il 9 gennaio 1880, figlio di Matteo, albergatore, e di Elena Pichler. Dopo la maturità classica (1898) studiò a Vienna (1898-1900: ebbe come insegnanti Ludo Moritz Hartmann e Hans von Voltelini), Roma (1900-1901) e Innsbruck (1901-1903), dedicandosi non solo alla storia ma anche alla geografia e alla geologia (in particolare alla glaciologia), senza trascurare – nel periodo in cui si trovò nella capitale tirolese – le manifestazioni studentesche a sostegno delle cattedre di lingua italiana.
Il suo primo e principale studio, quello sulla guerra del 1487 tra Sigismondo del Tirolo e la Repubblica di Venezia, fu svolto su sollecitazione del Voltelini e gli valse l’abilitazione all’insegnamento di storia e geografia; fu pubblicato in sei puntate, tra 1905 e 1906, sulla rivista “Tridentum”, cui Onestinghel aveva collaborato negli anni precedenti scrivendo cronache e recensioni.
Nell’anno scolastico 1903-04 cominciò la sua carriera di docente presso il liceo di Trento, dapprima come supplente di Desiderio Reich.
Il 19 novembre 1904 sposò Vera Maria degli Alberti. Nel 1908 e 1909 Onestinghel pubblicò brevi testi sull’“Archivio per l’Alto Adige” di Ettore Tolomei: ma fu soprattutto con il 1910 che riprese la sua attività di ricerca e soprattutto di animazione culturale. In quell’anno il trentenne professore di liceo divenne infatti promotore e direttore della rivista bimestrale “Pro Cultura”, espressione dell’omonima associazione (che esisteva fin dal 1900, ma che fino allora aveva sviluppato un’attività molto limitata).
Onestinghel divenne così il fulcro di un gruppo che voleva non solo contribuire al progresso della “cultura patria” ma anche farsi tramite tra l’intellettualità più sensibile alle tematiche nazionali e il popolo, costituendo biblioteche e gabinetti di lettura, organizzando conferenze e viaggi di istruzione, rivendicando in tutto ciò una posizione distinta da quella cattolica e da quella socialista.
Si presentò alle elezioni parlamentari del giugno 1911, come candidato del partito liberale; nel suo programma elettorale egli si pronunciò contro i radicalismi, ma descrisse una prospettiva di contrapposizione nazionale a dir poco rigida ed ebbe frasi molto dure nei confronti delle scuole tedesche del capoluogo.
Nelle urne fu sconfitto dal candidato del partito socialista, Cesare Battisti.
Il 3 ottobre 1913 la giunta municipale lo nominò assistente presso la Biblioteca e il Museo comunali.
Il 10 dicembre 1913 perse l’unico figlio, Livio, che all’epoca aveva quattro anni. In tutta questa fase non cessò di dirigere la “Pro Cultura”, scrivendo una lunga serie di cronache e recensioni, spesso attente alla tematica nazionale. Si nota l’insistenza sulla toponomastica, la sorveglianza sulle attività delle associazioni pangermaniste e sulla loro pubblicistica, la minimizzazione delle isole linguistiche tedesche poste all’interno del Trentino, la preoccupazione ossessiva per la presenza di scuole tedesche a Trento, la ricerca dei legami tra Trento e l’Italia nel passato e l’auspicio che tali legami potessero rinsaldarsi in futuro. Collaborò anche, in maniera più discreta, all’“Archivio per l’Alto Adige”: a questa fase appartengono quattro note storiche a sfondo nazionalista, dal titolo complessivo Bricciche atesine, nelle quali metteva in luce episodi utili a dimostrare la presenza della lingua e della cultura italiana nel territorio che Tolomei aveva deciso di denominare “Alto Adige”.
Nel giugno 1915, scoppiato ormai il conflitto con l’Italia, si recò a Bolzano per evitare di essere inviato al confino oltre il Brennero; le sue nuovamente precarie condizioni di salute e alcune fortunate coincidenze gli permisero di rimanere prima a Bolzano e poi in val di Non per il resto della guerra. A questa fase appartiene un Diario nel quale annotava quel che vedeva e poteva venire a sapere nei luoghi in cui si trovava, adottando un punto di vista coerentemente filoitaliano. Durante il conflitto, e soprattutto a partire dal 1917, si impegnò nello studio degli archivi ecclesiastici della val di Non e mantenne contatti con Simone Weber, Giovanni Ciccolini, Francesco Menestrina e soprattutto Emilio Chiocchetti; progettò l’unificazione delle iniziative di ricerca storiografica fino allora rimaste divise in quella che poi sarebbe stata la “Società di Studi Trentini di Scienze Storiche”. Nel 1918 riunì più volte a convegno storici ed eruditi (prima a Revò il 18 giugno, poi a Cles il 24 settembre e infine a Trento in ottobre). Tale nuova fase di attività fu però interrotta dalla recrudescenza della malattia; tornato nel capoluogo alla fine del conflitto, vi morì l’11 gennaio 1919.